Il Fimo appartiene alla grande famiglia delle paste polimeriche a base di PVC e plastificanti: ciò significa che la sua morbidezza dipende dalla quantità di sostanze volatili intrappolate fra le catene del polimero. Con il passare del tempo, tali plastificanti migrano verso la superficie o evaporano, lasciando la massa gradualmente più rigida e friabile. Conservare bene il Fimo significa quindi rallentare questa migrazione, proteggere la pasta dall’aria e da agenti inquinanti, e mantenere costante la temperatura di stoccaggio. Ogni accortezza che limita l’esposizione a calore, polvere o plastiche incompatibili si traduce in mesi, se non anni, di vita creativa aggiuntiva.
Il ruolo di temperatura, umidità e luce
La stabilità termica è l’elemento più critico. Il range ideale di conservazione oscilla fra 15 °C e 25 °C, un intervallo tipico di una dispensa poco soggetta a sbalzi stagionali. Se la temperatura sale oltre i 28 °C, i plastificanti diventano più mobili, affiorano in superficie e la pasta si indurisce prematuramente; se scende sotto i 10 °C, la massa si irrigidisce in modo reversibile, ma l’alternanza continuo freddo–caldo genera microfratture interne. Anche l’umidità conta, benché il Fimo non sia igroscopico: un ambiente troppo secco accelera l’evaporazione dei plastificanti, uno eccessivamente umido favorisce la condensazione superficiale che attira polvere e residui organici. Infine, la luce diretta – soprattutto quella UV – degrada i pigmenti e innesca reazioni ossidative: riporre il Fimo in un contenitore opaco o in un cassetto buio evita sbiadimenti e ingiallimenti.
Scegliere imballaggi compatibili
Il PVC espanso del Fimo ha una relazione complessa con altri polimeri. Alcune plastiche – come il polistirene e l’ABS – assorbono plastificanti, lasciando la pasta secca e il contenitore appiccicoso. Polietilene (PE) e polipropilene (PP) sono invece materiali inerti: sacchetti per alimenti a bassa densità, fogli da freezer e scatole trasparenti con coperchio a scatto in PP rappresentano l’opzione più sicura. La pellicola alimentare in PVC andrebbe evitata perché “rapisce” plastificante e nel tempo si indurisce; meglio preferire film PE o, ancor meglio, carta da forno leggermente siliconata, che non aderisce alla superficie e non cede fibre. Se si desidera un involucro completamente ermetico, si possono usare jar in vetro con guarnizione in silicone, ma è importante avvolgere prima il Fimo in un piccolo sacchetto PE per evitare il contatto diretto col vetro e l’ingresso di luce.
Separare colori e finiture
I pigmenti del Fimo non migrano quanto i plastificanti, ma tonalità molto intense – in particolare i rossi e i blu a base di coloranti azoici – possono rilasciare tracce su paste più chiare quando restano a contatto stretto per lunghi periodi. Per evitare viraggi cromatici conviene riporre ogni barra o fetta in un involucro individuale, segnando sull’etichetta il nome del colore e la data d’apertura. Le paste perlate e quelle metallizzate, che contengono mica o scaglie di alluminio, devono restare isolate per non contaminare le tinte piatte con particelle luccicanti. L’ordine visivo aiuta anche la memoria: disporre i colori dal più chiaro al più scuro rende immediata la scelta e riduce il tempo di esposizione all’aria.
Come gestire gli avanzi di lavorazione
Dopo una sessione di modellazione, rimangono spesso frammenti misti e canes parziali. Prima di riporli, è buona norma compattarli in una palla omogenea per ridurre la superficie esposta e poi avvolgerli in un doppio strato: carta forno per assorbire eventuale plastificante in eccesso, sacchetto PE per sigillare l’umidità interna. Se si prevede di riutilizzare a breve termine gli scarti marmorizzati, li si può stendere in sfoglie sottili e inserirli fra due fogli di carta da lucido: la forma piatta occupa meno spazio, facilita la visione dei pattern e permette di ridurre l’impastamento successivo che rovinerebbe gli effetti sfumati.
Strategie di etichettatura e rotazione delle scorte
Anche il Fimo, come i generi alimentari, trae beneficio da un meccanismo “first in, first out”. Etichettare ogni confezione con la data di acquisto o di apertura consente di usare per primi i panetti più vecchi, lasciando quelli appena comprati come scorta per il futuro. Un piccolo quaderno o un’app di inventario, in cui annotare colori, quantità e condizioni, evita acquisti duplicati e accelera la fase di progettazione. Quando un panetto inizia a irrigidirsi ma è ancora recuperabile, si può destinare a strutture interne, riducendo lo spreco di materiale nuovo per parti che resteranno invisibili.
Recuperare Fimo parzialmente indurito
Prima di considerare un blocco irrecuperabile, vale la pena tentare la rigenerazione. Un metodo collaudato consiste nell’aggiungere poche gocce di mix softener (o di diluente a base di plastificanti compatibili venduto dalla stessa marca) e impastare energicamente. Alternare pressature e riposo di qualche ora permette al plastificante di diffondersi in modo uniforme. In alternativa, si può grattugiare la massa rigida in un sacchetto, scaldarla con mani ben pulite o con un leggero colpo di phon tiepido e rimpastare finché non torna omogenea. È importante non superare i 40 °C: temperature più alte avviano la polimerizzazione e compromettono il tentativo. Se il blocco è maculato da punti durissimi, questi andrebbero rimossi perché diventerebbero inclusioni non fusibili che crepano in cottura.
Dove non conservare mai il Fimo
Cucine e bagni, soggetti a sbalzi di umidità e a emissioni di vapori grassi o detergenti, sono pessimi luoghi di stoccaggio. Anche le soffitte e i vani caldaia, dove le estati superano spesso i 35 °C, accelerano l’invecchiamento. Un armadio in una stanza interna, lontano da finestre a sud, resta l’opzione migliore. Se si vive in zone molto calde, un piccolo frigorifero dedicato agli hobby, impostato sui 15 °C, può allungare sensibilmente la vita del materiale, ma occorre portare i panetti a temperatura ambiente prima di lavorarli per evitare condensa superficiale.
Manutenzione periodica delle scorte
Due o tre volte l’anno conviene esaminare l’intero stock: controllare che i sacchetti non siano unti (segno di plastificante in fuga), verificare che le paste non presentino punti cristallizzati e sostituire eventuali fogli assorbenti saturi. Questa ispezione è l’occasione per riorganizzare i colori, scartare gli scarti non più utili e pianificare i progetti successivi basandosi sulle quantità disponibili. Un piano di revisione regolare evita la sorpresa di trovare blocchi inutilizzabili proprio alla vigilia di un lavoro importante.
Conclusioni
Conservare il Fimo in condizioni ottimali è un gesto di cura che prolunga la creatività e riduce gli sprechi. Temperatura stabile, imballaggi inerti, protezione dalla luce, isolamento fra colori e un sistema di rotazione delle scorte trasformano una semplice scatola di panetti in una tavolozza pronta all’uso ogni volta che nasce l’ispirazione. Così, quando si apre l’armadio e si afferra un colore desiderato, lo si trova ancora morbido e vibrante come il primo giorno, pronto a prendere forma sotto le dita e a fissarsi per sempre nel forno, senza lotte contro crepe o briciole indesiderate.